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  • 25 Dicembre 2021
    L’aperitivo in Italia, tra tradizione e happy hour

    Il mitico, creativo aperitivo gourmet  di Natualmente a Milano-Rigoni di Asiago in via Buonarroti 15

     

    Usi e costumi, gli alcolici impiegati, i cibi d’accompagnamento e le specificità tipiche delle regioni dello Stivale di una consolidata abitudine sociale italiana

     

    Non le effusioni romantiche, non la moda del sexting: se si conducesse un’indagine sugli SMS più scambiati, in Italia vincerebbe il gettonato «ci vediamo per un ape?».

     

    Il rito dell’aperitivo è negli ultimi anni un fenomeno di costume tutto tricolore, un momento irrinunciabile per milioni di italiani che, dalle 18 alle 21, si concedono una pausa di relax con gli amici. Eppure l’usanza ha radici ben radicate nella storia del Paese – addirittura ben prima della sua unificazione – e la tradizione è diversa da quel che oggi si confonde con l’happy hour.

    Aperitivo o happy hour?

     

    Una distinzione doverosa, perché l’aperitivo prepara alla cena, l’happy hour la sostituisce

    Si dice aperitivo, si pensa happy hour. Un fraintendimento nato a metà degli anni 2000 nel Nord Italia, quando la moda dell’“ora felice” si è andata via via sostituendo all’aperitivo classico. Una sovrapposizione immotivata, perché i due riti assolvono a funzioni diverse e i punti in comune sono ridotti.

     

    La mania dell’happy hour nasce quando, soprattutto in quel di Torino e di Milano, alcuni locali hanno avuto la brillante idea di offrire delle promozioni al termine della giornata lavorativa. Dalle 18 fino alla seconda serata è possibile ordinare un alcolico di proprio gradimento a tariffa fissa, per ricevere l’accesso a un buffet composto da paste, pizzette, salumi, riso, insalate, panini assortiti e molto altro ancora.

     

     

    Diffusosi rapidamente in tutto il Nord, l’happy hour è diventato un vero e proprio sostituto della cena: ci si reca al locale, si mangia un pasto veloce e si è pronti per i successivi balli in discoteca. Non vi è una precisa ricerca del gusto – sebbene sempre più attività propongano pietanze ricercate, piatti etnici, ricette veg, sushi e sashimi – e il rito in sé comprende qualsiasi tipo di bevanda, dai succhi alle bibite gassate, dal vino ai superalcolici.

     

     

    Differente è l’aperitivo in senso tradizionale, un vero e proprio propedeutico alla cena. Si consuma solitamente prima di sedersi a tavola, sia all’interno di un bar o presso il ristorante scelto.

     

    L’usanza prevede un blando alcolico a cui sono associati dei semplici stuzzichini salati, salumi, antipasti o la degustazione di piccole porzioni di formaggi tipici: la funzione è quella di predisporre le papille gustative ad assaporare la successiva cena.

     

    Si dice che il primo ricorso risalga al Piemonte di fine ‘700, ovvero nel 1786 quando Antonio Benedetto Carpano inventò il vermouth, un vino bianco con infuso di 30 erbe e spezie. La vera affermazione arriva però nei primi decenni del ‘900, con la produzione di massa di seltz e sode – si pensi al milanese Campari dal 1932 – e oggi prevede la scelta sia di vini che di cocktail, come l’Americano, lo Spritz, il Bitter, il Rossini, il Pirlo ma anche lo spumante bianco o rosato.

     

    La classificazione degli aperitivi

    Prima di addentrarsi nelle specificità regionali dell’aperitivo, è utile fare una distinzione tra le tipologie di alcolico utilizzato:

    • Vini: il ricorso a vini frizzanti assolve alla necessità di stimolare le produzioni gastriche. Si utilizzano bianchi, rosé e secchi – il Prosecco è il più frequente – ma anche Marsala, Porto e Sherry;
    • Bitter e seltz: gli aperitivi più diffusi, solleticano le papille gustative per esaltare i successivi sapori della cena. Spesso disponibili in bottiglia, comprendono Campari, Aperol, Crodino, Biancosarti, Cynar, Rabarbaro, China e Spritz;
    • Vermouth: dalla persistenza sul palato molto forte, si beve nella versione dry con olive per stimolare i sapori amari, oppure rosso con limone per quelli dolci;
    • Cocktail, birre e analcolici: meno diffusi dei precedenti, assolvono al rito ma non a particolari predisposizioni di gusto. Spiccano i cocktail all’anice, le birre bionde leggere o i mix birra e bitter.

     

    Aperitivo al Nord Italia

    L’aperitivo nel Nord Italia è stato quasi completamente sostituito dall’happy hour, una tendenza praticamente endemica dalla Valle d’Aosta al Friuli Venezia Giulia. Quello tradizionale permane comunque nei locali più lussuosi delle grandi città oppure come apripista a pranzi e cene nelle occasioni speciali, come matrimoni e anniversari.

     

     

    Nelle città del centro-ovest, in particolare a Torino e a Milano, per l’aperitivo tradizionale spicca il ricorso ai vini o al Prosecco, ma soprattutto a bitter e seltz in bottiglietta: sul territorio meneghino, ad esempio, il Campari non ha rivali. Le bevande sono associate a semplici stuzzichini salati oppure ad assaggi di salumi, ma anche a patatine fritte, cracker o alla tipica bruschetta lombarda.

     

     

    A Torino, invece, non vi sono precise limitazioni: un alcolico accompagnato da tramezzini può essere spesso acquistato a qualsiasi ora del giorno o della notte.L’ultima moda della città della Mole Antonelliana è l’aperitivo in canoa sul Po

     

    Singolare è invece il caso di Brescia, dove al semplice bitter si preferisce il Pirlo: un mix a base di bianco frizzante, seltz e Campari, spesso associato alla degustazione di formaggi delle Prealpi Orobie. In linea generale, il classico aperitivo è ormai relegato alle occasioni formali e può addirittura essere considerato disdicevole qualora il pranzo e la cena fossero fin troppo ricchi di portate. Per la socialità si preferisce di gran lunga l’happy hour, senza alcuna regola precisa sugli alcolici prescelti e con l’intento dichiarato di sostituire il pasto.

     

     

     

    In tutto il Triveneto domina lo Spritz a base di vino bianco o Prosecco, bitter, acqua frizzante e seltz. In alternativa, molto gettonato è il Mezzoemezzo: originario di Bassano del Grappa, si crea con Rabarbaro e Rosso Nardini, seltz e limone.

     

     

    Aperitivo al Centro Italia

    Seppur mediamente diffusa, la mania dell’Happy Hour nel Centro Italia non è estesa come al Nord: è presente nei locali delle grandi città oppure lungo i litorali. Con una precisazione doverosa: sulla Riviera Romagnola con il termine “Happy Hour” spesso si intende l’usanza di poter acquistare, a inizio serata, due alcolici al prezzo di uno.

     

    Il più diffuso è certamente il Negroni – mix di gin, Campari e vermouth rosso – nato a Firenze e diffuso in Toscana, Emilia Romagna e Umbria. Ad accompagnare l’aperitivo spesso i salumi tipici ma anche olive, noci, pistacchi, grissini e patatine fritte.

     

    Di ampio respiro è la realtà della Capitale, dove accanto alla tradizione si aggiunge l’happy hour ereditato dal Nord, con vere e proprie apericene e grande selezione di alcolici: anche in questo caso è il Negroni ad andare per la maggiore. La consumazione inizia più tardi rispetto al settentrione: rara prima delle 19, si estende fino alle 23 nei weekend. L’occasione per un aperitivo è spesso sociale e informale, anche se a Roma vi si ricorre anche per pranzi di lavoro, brunch professionali o durante le feste comandate.

     

    Aperitivo al Sud Italia

    L’aperitivo al Sud è particolare e tratteggia un universo a sé rispetto al resto d’Italia. La moda dell’happy hour non è affatto estesa – la si rileva nei capoluoghi e ovunque vi sia un grande turismo estivo – mentre l’aperitivo tradizionale è declinato come continuum dei pasti, proprio per i tempi lunghi che vengono concessi alla degustazione. In quasi nessun caso esiste l’apericena, perché l’alimentazione frugale e poco curata non è insita nella cultura culinaria locale.

     

    La Puglia è forse la regione dove l’aperitivo somiglia di più a quello del centro-nord, pur con precise differenze: grazie all’elevato turismo in aree come quella di Gallipoli, gli happy hour non mancano di certo

     

    È però ben più importante il consumo di alcolici accompagnato da prodotti tipici, tra cui spiccano vino bianco e rosso abbinati a taralli, pittole, cotognata, pecorino e salumi locali. Si tratta di un aperitivo molto ricco a livello di sapori, quasi più della cena stessa, e spesso volentieri è un modo per innamorarsi dell’enogastronomia locale.

     

    Per questo l’orario è esteso dal tardo pomeriggio a notte inoltrata, con aperitivi veloci inseriti in contesti di degustazione promozionale o eventi artistici. Situazione non molto dissimile in Calabria, Sicilia e Sardegna, dove l’aperitivo è spesso associato a eventi culinari cittadini oppure a occasioni promozionali, a eccezione della città di Palermo dove l’happy hour “alla milanese” sembra andare per la maggiore con paste, insalate di mare, pesce, fritture e molto altro.

     

    Sul territorio sardo, e in particolare nei pressi di Olbia, l’aperitivo è spesso un modo per conoscere le peculiarità vinicole locali, con bianchi, torbati o vermentini associati a formaggi di pecora tradizionali o insaccati. Permane però la cultura del “mangiare con calma” e quindi l’aperitivo spesso non solo non avviene, ma è visto come una pratica d’intralcio alla religiosità tipica dei pasti.

     

    Decisamente differente è infine lo stile di Napoli e della Campania in generale. La cultura del cibo è qui estesa per tutto l’arco della giornata, l’esistenza dell’aperitivo è quasi ininfluente rispetto alle prelibatezze che si possono gustare a qualsiasi ora. Accanto al Prosecco e al Campari, spesso con l’aperitivo si degusta il caffè associato sia a stuzzichini salati, tra cui gli immancabili tranci di pizza, che a dolci come pasticcini e babà. È molto diffuso dalle 21 alle 23, come anticamera ai divertimenti della notte.

     

     

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